In questo momento storico i sistemi di Welfare State mondiali stanno soffrendo la crisi economica degli ultimi anni, aggravata ulteriormente dai problemi che la pandemia mondiale ha portati alla luce e creato. Basandoci su questo quadro della situazione, dobbiamo partire sull’innovazione portata dal principio di sussidiarietà orizzontale, inserito nel Titolo V della Costituzione italiana, Parte II, art. 118. Laddove originariamente si aveva una cessione di responsabilità, anche economica, e competenze calata dall’alto da Stato a Regioni e da Regioni a Comuni; ora c’è un rapporto di responsabilità condivisa per portare tutti i territori italiani a raggiungere gli stessi livelli di welfare. La sussidiarietà orizzontale ha trovato, inizialmente, riconoscimento nell’art. 2 della l. n. 265/1999, confluito poi nella l. n. 267/2000 e, infine, nell’art. 118, co. 4, Cost., secondo il quale Stato, regioni, città metropolitane, province e comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli o associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base appunto del principio di sussidiarietà. La sussidiarietà orizzontale esprime il criterio di ripartizione delle competenze tra enti locali e soggetti privati, individuali e collettivi, operando come limite all’esercizio delle competenze locali da parte dei poteri pubblici: l’esercizio delle attività di interesse generale spetta ai privati o alle formazioni sociali e l’ente locale ha un ruolo sussidiario di coordinamento, controllo e promozione; solo qualora le funzioni assunte e gli obiettivi prefissati possano essere svolti in modo più efficiente ed efficace ha anche il potere di sostituzione. Con la sentenza 303/2003 la Corte costituzionale ha specificato le modalità di trasferimento delle funzioni amministrative dal livello inferiore al livello superiore, dovuto a «esigenze di carattere unitario», affermando che esso deve essere disposto con legge statale e che, assieme alla funzione amministrativa, deve essere altresì trasferita la funzione legislativa correlata; lo Stato avocando a sé, per sussidiarietà, funzioni amministrative che non possono essere adeguatamente ed efficacemente esercitate ad altri livelli di governo, può e deve, in osservanza del principio di legalità, disciplinare tali funzioni con legge statale. Questa deroga è tuttavia legittima solo se «proporzionata», «ragionevole» e «concordata» con la regione interessata.
Negli ultimi anni, questo principio non è stato sufficiente ad elaborare soluzioni per lo sviluppo sociale che fossero strutturalmente valide, perché le possibilità economiche per lo sviluppo da parte dello Stato sono costantemente diminuite. Conseguentemente si è iniziato a sviluppare un nuovo paradigma in un ottica di sussidiarietà circolare e successivamente di sussidiarietà integrale. La sussidiarietà circolare si basa su un rapporto reciproco e in rete tra gli enti pubblici, il mondo delle imprese e il terzo settore. Nel creare questo rapporto in rete, lo Stato delega alcuni compiti al terzo settore, il quale è comporto da associazioni, cooperative e il mondo del volontariato, per riuscire a creare progetti di sviluppo sociale. Questo tipo di sussidiarietà raggiunge obiettivi sostanziali se riesce a coinvolgere e convincere il mondo delle imprese ad uscire da un’ottica basata solo sul profitto e sul guadagno economico, facendo in mondo che sia attirata anche da altri motivi. Sicuramente in questo metodo di lavoro sul territorio ci sono dei problemi. Infatti, gli enti locali non lasciano volentieri potere decisionale al terzo settore, l’imprenditoria pensa che la risoluzione dei problemi sociali sia di sola responsabilità degli enti pubblici, infine il terzo settore deve ancora sviluppare capacità programmatiche e progettuali. La questione è che, se queste tre anime si unissero, le caratteristiche di ognuna andrebbero ad amplificare le capacità e diminuire le mancanze di ognuno.
Tutte le riflessioni elaborate per la sussidiarietà circolare sono amplificati nel parlare della sussidiarietà integrale, la quale diverge dalla precedente perché rende partecipe della progettazione e considera nella progettazione anche la cittadinanza del territorio, con le sue peculiarità. Infatti, uno sviluppo integrale della società non può mancare di considerare quali sono i cittadini che devono essere parte attiva dello sviluppo sociale che si vuole promuovere. Quindi, in questa ottica programmatica, si deve iniziare dallo sviluppo delle capacità dei cittadini, per renderli in grado di aiutare il terzo settore a coinvolgere il mondo delle imprese in progetti di sviluppo sociale sostenibili, i quali saranno in grado di sopravvivere anche in momenti di forti crisi, perché guidati da buone prassi e non sostenuti da fondi statali, ma sa fondi privati o finanziamenti europei.
In conclusione, la costruzione di una rete territoriale, basata sui principi dell’ecologia integrale, sembra essere la nuova prospettiva per affrontare il nuovo sistema economico in essere e le discussioni accademiche stanno convergendo su questo punto di vista, anche aiutando la cittadinanza a sviluppare le competenze per andare incontro all’evoluzione sociale che la aspetta.
Sarà la svolta giusta per sviluppare percorsi di autodeterminazione ed indipendenza per i cittadini in condizioni di disagio e disoccupazione? Aspettiamo nuovi sviluppi.
Fonti: Principio di sussidiarietà. Diritto amministrativo nell’Enciclopedia Treccani.
Testi per spunti di riflessione sul tema: Ecologia integrale. Laudato si’ : ricerca, formazione, conversione; Ecologia integrale e migrazioni: l’espulsione dalle terre in Africa e l’incoerenza della politica europea; Uomo, ambiente, lavoro: per un’ecologia integrale; Colorare il mondo: L’ecologia integrale di Papa Francesco; Ecologia integrale (di Giuseppe De Marzo); Tutto è connesso. Percorsi di ecologia integrale nella «Laudato si’».